Abbiamo già visto come il lavoro sia diventato importante per la nostra realizzazione e per la conferma della nostra identità e quindi in che modo dovrebbe andare a soddisfare una serie di importanti bisogni tra i quali il bisogno di sicurezza, di appartenenza, di stima, di autorealizzazione, di successo.
Fondamentale diventa, dunque, avere un lavoro affine alle proprie caratteristiche per avere la percezione di utilizzare al meglio le nostre capacità, le nostre attitudini e di seguire la propria natura. Per approfondire puoi leggere il nostro articolo cliccando qui.

Ci sono persone che seguendo la loro natura hanno bisogno di trovare un lavoro dove si specializzano e che portano avanti per tutta la vita magari coltivando poi un hobby che permetta loro di mettere in scena altre parti che hanno bisogno di esprimersi; ce ne sono altre, di persone, che invece hanno l’esigenza di avere più interessi e di trasformarli in lavoro, magari cambiando, nel corso della loro vita, più volte. Spesso però i famosi “pensieri sabotatori” bloccano i nostri desideri, la nostra creatività, non ci fanno sentire adeguati, limitano la nostra autostima e quindi la nostra autoefficacia e ci fanno chiudere in schemi dettati dalla società e dal contesto nel quale siamo cresciuti, nel quale viviamo. Non riusciamo quindi ad esprimere la nostra vera natura né in un senso né nell’altro.
La sollecitazione che vogliamo fare e condividere è quella di trovare il coraggio di lasciarsi andare alla propria essenza per fare quelle esperienze, anche in ambito lavorativo, che vadano a soddisfare il bisogno di arricchimento e di crescita e di seguire quelle che sono le attitudini, le potenzialità, le abilità che ognuno di noi possiede.
In questo articolo abbiamo pensato di parlarvi di una donna che con fierezza e audacia ha saputo unire l’amore per il bello a quello per il giusto, pioniera della moda, artefice di pace e umanità: Rosa Genoni la prima stilista donna, femminista, inventrice del Made in Italy, certa che le donne fossero autrici della propria immagine e del proprio stile, impegnata a favore delle donne più deboli, convinta che il mondo del fashion fosse una cosa seria. Sarta, studiosa dell’arte, insegnante, attivista politica, femminista, scrittrice su giornali come “Vita femminile italiana”. Stiamo parlando della fine del 1800 e gli inizi del 1900

Rosa Genoni nasce tra le montagne dell’alta Valtellina nel 1867 prima figlia di 18 tra fratelli e sorelle di una famiglia povera che viveva di poco. Cresce con la nonna che faceva lavori agricoli all’interno di una comunità montana. Il destino di Rosa era già segnato.
Ma fin da piccola sentiva forte in lei la necessità di voler respirare un’aria diversa e avendo dovuto, per povertà, abbandonare la scuola, cerca lavoro a fondovalle e viene presa come “piscinina” una specie di apprendistato poco pagato per diventare sartine. Si iscrive anche alle scuole serali e con lungimiranza studia il francese. A meno di 20 anni si mette in evidenza in una classe politica di soli uomini andando a Parigi a discutere le condizioni dei lavoratori costretti ad ore ed ore di lavoro per una paga da fame, sostenendo in seguito le battaglie per l’emancipazione delle donne lavoratrici e la tutela dei minori. Divenne inseguito la prima direttrice di una casa di moda , la Maison H.Haardt et Fils, la principale casa di moda milanese con filiali a Sanremo e Saint Moritz. Qui diede inizio ad una vera e propria rivoluzione dello stile, dando vita ad uno stile autoctono basato sull’arte decorativa italiana scegliendo come fonte di ispirazione il Rinascimento certa che un ritorno al passato potesse costituire il presupposto per la costruzione di un’identità nazionale.
Si ispirò alla “Primavera” di Botticelli per un abito da sera di raso di seta color avorio ricamato in argento e oro filati, ciniglia, cannucce, paillettes e perle e si ispirò ad un disegno di Pisanello per un mantello in velluto di seta verde con inserti in raso giallo e merletto ricamato. Ideò l’abito trasformabile, ispirato alle statuette di Tanagra: voleva che fosse un abito comodo, adattabile alle donne del tempo il cui stile di vita iniziava a cambiare. Lo indosserà al Congresso Romano del 1908. Si impegnò, quindi, in una operazione di recupero del disegno, della qualità dei filati, dei tagli delle stoffe arricchite dall’arte del ricamo.
La sua passione per la politica e la lotta per il giusto la fa avvicinare al Partito Operaio ed entra a far parte della Lega Promotrice degli Interessi Femminili in cui sosterrà battaglie per l’emancipazione delle donne; viene scelta dalla Società Umanitaria nel 1905 per dirigere la sezione di sartoria nelle scuole professionali femminili dove tiene lezioni serali fino a quando si dimetterà per non giurare fedeltà al fascismo nel 1933. Grande sostenitrice della pace e della neutralità tra le nazioni durante la guerra, apre per le detenute di San Vittore un laboratorio di sartoria , un asilo nido e persino un ambulatorio in carcere. Tutto questo negli anni ‘30 .
Le sue creazioni vincono il Grand Prix della Giuria all’Esposizione Internazionale di Milano nel 1906. Tuttora a Palazzo Pitti di Firenze sono esposti due dei suoi vestiti ispirati ai pittori rinascimentali italiani.
Si battè per il suffragio femminile e perché la moda italiana fosse riconosciuta a livello internazionale, cose che avvennero prima della sua morte sopraggiunta nel 1954.
Seguire le proprie passioni, le proprie caratteristiche, non aver paura dei fallimenti, cogliere le opportunità per crescere, arricchirsi, evolversi: tutto questo è possibile, basta volerlo, basta uscire dagli schemi preconfezionati e mettersi in contatto con le proprie intuizioni e la propria creatività.
respira – immagina – crea
Cinzia
Bibliografia
Corriere della sera, Io Donna (2018). Donne Rivoluzionarie.
Soldi, M.(2019). Rosa Genoni. Moda e politica: una prospettiva fra ‘800 e ‘900. Venezia: Marsilio.